Publio Stazio
Publio Papinio Stazio (40 – 96).Publio Papinio Stazio nacque a Napoli fra il 40 e il 50 DC, da un erudito maestro di scuola. A Roma il giovane poeta ebbe notevoli successi nelle recitazioni pubbliche e nelle gare poetiche. Protetto da Domiziano, subì negli ultimi anni qualche insuccesso. rientrato a Napoli, morì poco prima dell'imperatore, nel 96. Stazio è un letterato professionale, che vive della propria attività .
Table of contents |
2 Le Silvae 3 La Tebaide 4 L 'Achilleide |
Le Silvae offrono molte informazioni sull'ambiente di Stazio, la sua biografia e i suoi rapporti personali. Notevole anche la testimonianza di Giovenale sulle recitazioni pubbliche della Tebaide e sulla produzione "commerciale" di una sceneggiatura per pantomimo. Della Tebaide si conservano scolii tardo antichi, che vanno sotto il nome di Lattanzio Placido.
Le Silvae di Stazio, sono un'opera non epica con caratteri originali ed assai legati al gusto contemporaneo. Per il carattere occasionale dei componimenti, vario e miscellaneo, il titolo vuole indicare probabilmente una raccolta di "bozzetti" e conferire un'impronta di improvvisazione alla raccolta. Le Silvae sono un preziosissimo documento sulla società dell'epoca. I committenti delle poesie si rispecchiano in molte di esse, rivelando mentalità e atteggiamenti di un ceto colto e benestante, impegnato in una fitta vita di relazione e spesso nel sistema del governo e della burocrazia imperiale. Emergono i valori di tale sistema sociale: il ripiegamento sulla vita privata (passione per le arti, consumi di lusso, estetismo diffuso, affettività familiare) e l'ideologia del "pubblico servizio" inserito nelle strutture del potere imperiale.
Storicamente sono altrettanto importanti le poesie cortigiane direttamente rivolte a Domiziano, le quali illustrano lo sviluppo del culto imperiale, i cerimoniali, le manifestazioni pubbliche. Una serie di carmi descrittivi testimoniano i gusti dell'epoca: gli artifici della poesia si adattano bene a mimare l'artificiosa architettura delle ville e dei giardini, dove la realtà naturale è abilmente trasformata in spettacolo. I componimenti sono organizzati libro per libro in serie accuratamente ordinate, con molteplici effetti di corrispondenze e variazioni; i metri sono molteplici. La struttura dei singoli carmi è regolata da rigorosi schemi tradizionali (carmi nuziali, di compleanno, epistole poetiche etc.), che molto devono alla formazione retorica, ma non escludono variazioni originali, perché il virtuosismo di Stazio li adatta alla circostanza. Il poeta si mostra perfettamente inserito in una società gerarchica, con autorevoli protettori che hanno come referente il principe.
Le Silvae sono una delle opere migliori della poesia lirica di età imperiale, anche se, per il loro carattere di poesia colta, tradizionale e riflessa e per l'impronta cortigiana e conformistica di tutto l'insieme, hanno faticato a trovare estimatori, ma, nonostante i temi aridi, e certe situazioni di bassa adulazione, Stazio emerge come un abilissimo artigiano della parola.
I modelli poetici, comunque, sono molti. Le imprese dei Sette contro Tebe erano state cantate in poesia epica nella fortunata opera di Antimaco di Colofone (IV secolo AC), nella tragedia greca e, soprattutto, il ciclo tebano aveva ispirato Seneca (Oedipus e Phoenissae). La scelta dell'epos eroico comporta molti diretti richiami all'Iliade, in parte mediati da [[Virgilio] e in parte autonomi (giochi funebri, cataloghi, battaglie fluviali, suppliche, ecc.). In alcune brevi sezioni digressive appaiono anche modelli più insoliti: Euripide, Apollonio Rodio, Callimaco, forse riflesso della ricca cultura letteraria di Stazio padre, inoltre lo stile narrativo e la metrica di Stazio sono inconcepibili senza la lezione tecnica di Ovidio e l'immagine del mondo è inseparabile dall'influsso di Seneca. Nel contrasto fra la fedeltà alla tradizione virgiliana e le inquietudini modernizzanti, sta il fulcro dell'ispirazione epica di Stazio.
Nonostante i molteplici influssi, l'opera non manca di unità , invece il difetto tipico della Tebaide è l'ossessivo ricorrere di motivi e atmosfere. Tutta la storia è dominata dalla necessità . La casa di Edipo è schiacciata non tanto da una maledizione di vendette familiari (concezione propria della tragedia attica, che nel contesto del poema sarebbe stata poco attuale) quanto da una ferrea "necessità universale". La scelta ideologica di Stazio è virgiliana: salvare l’apparato divino dell'epica modernizzandolo approfondendo la funzione del Fato. La scelta di un tema profondamente negativo porta Stazio molto vicino alla posizione di Lucano. Il risultato è un compromesso che ebbe grande influsso sulla storia dell'epica occidentale: le divinità epiche tradizionali appaiono svuotate, mentre le forze divine più vitali sono personificazioni di idee astratte, allegoriche. La Furia che muove gran parte dell'azione è un puro e semplice Genio del Male. Le figure umane sono appiattite, schiacciate dalle leggi del cosmo e della predestinazione, Stazio tralascia gli approfondimenti psicologici, i caratteri dei personaggi sono monocromi (Alfieri): da un capo all'altro del poema, Eteocle è il tipo assoluto del tiranno, Tideo l'incarnazione dell'ira, Capaneo un bestemmiatore, Ippomedonte una macchina da guerra. Altrettanto schematici sono i pochi personaggi positivi. A completare tale visione manichea (bene contrapposto al male) della realtà , gli undici libri sulla guerra dei Sette hanno una chiusa di compensazione: il trionfo della clemenza e dell'umanità portato da Teseo.
La grande quantità di eroi comporta una trama molto complessa, romanzesca e, come in Lucano, l'assenza di un protagonista. I pericoli di dispersione sono però controllati. Anche nei lunghi episodi che ritardano l'inizio della guerra sono presenti dei nessi tematici ricorrenti. Le similitudini sono spesso pensate in sequenze omogenee, con un effetto a volte ossessivo e le immagini della natura rispecchiano di continuo gli eventi umani. Nonostante l'assenza di riferimenti diretti all'attualità romana Stazio non elude gli incubi propri della sua epoca, ma li proietta in uno scenario allucinato di fosca mitologia ancestrale. Il poeta insiste sul tema della guerra civile vista come scontro fra tiranni specularmente uguali, sulla degenerazione di una famiglia regnante in dispotismo fanatico, sul problema etico del "vivere sotto i tiranni" rispettando comunque una regola morale.
Opere
Perduto è un poema storico sulle gesta di Domiziano (De bello Germanico) e una pantomima di successo (Agà ve).Le Silvae
La Tebaide
Lucano aveva cantato le guerre civili con la Pharsalia, il tema di Stazio sono le battaglie tra fratelli, e, in polemica con Lucano, Stazio sceglie un tema mitologico, dotato di un complesso apparato divino, ma la sostanza del contenuto riconduce al Bellum civile.
In un insolito epilogo programmatico, Stazio dichiara di avere assunto come modello l'Eneide. Il piano dell'opera è in dodici libri, divisi in due esadi. La prima, più variata, ha funzione di lunga preparazione, e insieme contiene tratti "odissiaci" (le peripezie di viaggio), come la prima metà dell'Eneide, la seconda è tutta una storia di guerra, come la "metà iliadica" dell'Eneide.L 'Achilleide
A differenza del poema su Tebe, che ebbe grande fortuna a lungo termine, nell'epica medioevale il poema sulla vita di Achille ebbe scarsa fortuna. Il testo (interrotto per morte dell'autore) tratta solo delle vicende del giovane Achille a Sciro. Forse a causa del tema, o per una precisa scelta di poetica, il tono è più disteso e idillico che nella Tebaide. Il progetto era di narrare tutta la vita di Achille. Se avesse potuto continuare, Stazio si sarebbe trovato a confrontarsi con Omero e sin dal titolo l'opera sembra mirare, ancor più che la Tebaide, ad un confronto con Virgilio
Stazio compare nel Purgatorio dantesco. Tale scelta di Dante è basata sulla falsa convinzione, diffusa nel Medioevo, che il poeta si fosse convertito al Cristianesimo, da vero discepolo di Virgilio, che il Medioevo considerava precursore e profeta dell'avvento di Cristo. Dante fa notevole uso del modello epico di Stazio. In questo periodo erano invece ignote le Silvae, che avrebbero illuminato certi aspetti privati della personalità di Stazio.
Anche prima di Dante, la Tebaide ebbe grande influsso per gli aspetti quasi manichei (il contrasto fra l'Olimpo e le potenze infere) e per la tendenza alla personificazione quasi allegorica, infatti, Stazio fu un importante punto di riferimento per lo sviluppo di un'epica medioevale a contenuto allegorico.